Acqua Mariana

  • tipologia:
    Acquedotto
  • quota:
    104m
  • anno:
    1122
  • epoca:
    Papalina


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Acqua Mariana

Percorso dell'Acqua Marciana (Mariana) fino al 1122.
In un contesto naturale il Fosso dell'Acqua Marciana si origina nella Valle Molara, a monte di Squarciarelli presso Grottaferrata ove era alimentato in epoca romana dalle sorgenti Tepula e Iulia. Il Fosso dell'Acqua Marciana, l'Aqua Crabra dei romani, proseguiva verso nord passando vicino alla Torre dei Santissimi Quattro (Motta 1986) con un tracciato che oggi appartiene in progressione al Fosso dell'Incastro, Fosso Giardino, Fosso Tor Tre Teste, Fosso di Tor Sapienza, per poi sfociare nel Fiume Aniene.

Percorso dell'Acqua Mariana dal 1122 al 1957. Nella Città di Roma, alla fine del Medioevo restava in funzione, in riva sinistra del Tevere, solo l'Acquedotto dell'Acqua Vergine che avendo un tracciato prevalentemente in sotterraneo, riusciva ancora ad approvvigionare la Città, non essendo stato distrutto durante le invasioni barbariche. Papa Callisto II nel 1120 si pose il problema di recuperare risorse idriche senza realizzare opere complesse e costose (Visentin et al. 2014).
La presenza di piccoli corsi d'acqua perenni sulle falde dei vicini Colli Albani offrì una soluzione ideale. Fu individuata nel Fosso dell'Acqua Marciana una risorsa da convogliare verso Roma per incrementare la forza motrice necessaria alle mole presenti nella campagna a sud-est della Città. All'altezza dei ruderi della Villa dei Centroni, a Morena (Parco Regionale Appia Antica 2002), in una località eloquentemente denominata 'l'incastro', fu creato uno sbarramento in muratura che deviava parte delle acque di questo fosso in un condotto sotterraneo preesistente, appartenente all'antico Acquedotto Claudio.

Dopo aver percorso 940 metri nel canale sotterraneo, la Marrana (da identificare, limitatamente a questo tratto, con l'Acqua Sotterra, da cui il nome Torre dell'Acqua Sotterra, oggi nota come Torre della Marrana), usciva nuovamente allo scoperto in località Casalotto.
Il canale poi proseguiva verso Roma sfruttando il declivio del crinale già utilizzato dagli antichi acquedotti costruiti sullo spartiacque tra il bacino idrografico del Tevere e quello dell'Aniene, passando per la tenute del Casale della Marrana del Buon Ricovero e di Roma Vecchia, dove formava un piccolo lago. Superata Roma Vecchia, la Marrana scorreva nelle immediate vicinanze della Torre del Fiscale, detta nel Medioevo Torre di S. Giovanni e della Torre del Quadraro, tuttora esistenti. All'altezza di Porta Furba, dove la dorsale del crinale si stringe di molto, determinando il ravvicinamento degli acquedotti antichi, dalla Marrana si staccava una derivazione, detta Maranella, che si dirigeva verso l'antica via Labicana per sfociare nell'Aniene a Ponte Nomentano.

Il canale principale della Marana continuava invece a scorrere ai piedi dei fornici degli acquedotti, utilizzando come letto un'antica strada di servizio e fornendo forza motrice a parecchi mulini. La Marrana poi passava per l'attuale via del Mandrione e scendendo a valle verso la via Tuscolana (tuttora esistono qui via e largo della Marrana), giungeva a Porta Asinaria nei pressi dell'attuale piazzale Appio, (Porta S. Giovanni ancora non esisteva).
Azionava mulini e formava un secondo laghetto. Il corso d'acqua proseguiva costeggiando le Mura di Aureliano in direzione sud ed entrava in Roma a Porta Metronia (Angeli e Berti 2007). Questa porta, che all'epoca doveva ancora essere in funzione fu chiusa e trasformata in una sorta di varco fortificato sovrastante il fosso.

Un'incisione settecentesca mostra l'interno della Porta con la caratteristica inferriata posta sul canale della Marrana, per evitare l'entrata in città di persone o di merci di contrabbando attraverso la via d'acqua. Varcata Porta Metronia, l'alveo scendeva a valle tenendosi alle spalle di S. Sisto Vecchio. Giungendo nella Valle Murcia (l'avvallamento tra Celio e Aventino, ove oggi corre l'attuale via delle Terme di Caracalla) la Marrana causò la trasformazione della zona in area alluvionale, compromettendo la viabilità della via Antiqua corrispondente al percorso urbano dell'Appia romana. Superato il monastero di S. Maria in Tempulo, il fosso della Marrana proseguiva il suo decorso passando sotto l'arco trionfale di Tito al Circo Massimo. Dopo aver fornito forza motrice a un mulino protetto dalla Torre Frangipane, non a caso conosciuta anche come Torre della Moletta, la Marrana usciva dal Circo e finalmente all'altezza di S. Maria in Cosmedin dove incontrava le ultime due mole, si gettava nel Tevere accanto alla Cloaca Massima.

La gestione del 'Canale' ed i diritti relativi spettavano alla basilica di San Giovanni in Laterano che ne difese sempre il possesso nei confronti del comune di Roma (Motta 1986). L'interesse dei papi per la cura e l'incremento delle acque della 'Marrana' fu costante. Innocenzo XIII, nel 1773, ordinò la captazione delle acque di altre due sorgenti; Pio VI intervenne egualmente nel 1793 e lo stesso Pio IX, nel 1856, concesse l'acqua scaturita durante la perforazione della galleria ferroviaria di Ciampino sulla linea Roma-Frascati (Visentin et al. 2014). La realizzazione delle deviazioni e la necessità di smistare le acque del Fosso dell'Acqua Mariana ai molini e alle vigne mediante la costruzione di chiuse, impose l'istituzione di un organismo che ebbe la natura giuridica di un Consorzio composto da tutti quelli che usufruivano delle acque per le loro attività commerciali od agricole, come i Gualdatori (ovverosia gli addetti alle valche). Le Valche furono istituite per la lavorazione dei panni di lana. Nell'industria tessile e conciaria la 'gualcheria' è l'attrezzatura essenziale per la produzione, battitura e lavorazione della fibra e l'energia necessaria si ricava dalla ruota del mulino ad acqua. Nel 1820, il cardinale Pacca per delega del pontefice riassunse tutti i provvedimenti e assoggettò a servitù di scolo tutte le sorgenti scaturenti nei territori di Marino, Grottaferrata e Tuscolano. Non furono ammesse alterazioni del percorso, fu fatto divieto di modificare le sponde, di alzare ponti, portare animali a bere, improvvisare colture ai suoi bordi.

Percorso dell'Acqua Mariana dal 1957 dopo la 2a deviazione.
La nascita e l'estensione del quartiere Appio-Latino fecero si che il flusso dell'Acqua Mariana venisse deviato nel Fosso dell'Almone-Statuario, mediante una nuova chiusa posta a nord di Roma Vecchia. In prossimità dei Bagni dell'Acqua Santa-via dell'Almone, il corso d'acqua che porta il nome di Fosso della Caffarella-Almone-Acquataccio (Gaeta 2011). defluisce verso ovest e al Quo Vadis, è sorpassato dall'Appia vecchia. Fiancheggia l'antica Cartiera Latina per poi confluire nel Fiume Tevere dopo essere stato superato dalla Via Ostiense.

Con il passare del tempo si cominciò ad avvertire uno scarso interesse da parte della classe politica verso la gestione del fosso, che in alcuni punti fu trasformato in discarica a cielo aperto. Con l'avvento dell'energia elettrica, dal 1909 gli opifici rinunciarono, nei mesi estivi all'uso dell'acqua, che venne così impiegata solo in agricoltura. Vennero coperti lunghi tratti del suo corso, finchè nel 1934 il fosso provocò un'inondazione presso Porta Furba. Il fatto fu determinante e portò ad una graduale cancellazione dell'esistenza della Marrana. Il suo flusso finì prima nel collettore di via Tuscolana, poi nel 1957 venne immesso nel Fiume Almone mediante una chiusa posta poco oltre il casale di Roma Vecchia, all'altezza della chiesa di S. Policarpo e fu la fine della Marrana. Sul finire degli anni Novanta del Novecento, un intervento di manutenzione ridusse al minimo il flusso idrico, che venne definitivamente deviato nel Fosso del Calicetto (Visentin et al. 2014).

Di recente, grazie ad un intervento dell'Associazione Sotterranei di Roma, in collaborazione con Acea Ato 2, si è riusciti a ridare una portata significativa a parte del tracciato utilizzando le acque dell'Acquedotto Felice (Parco Regionale Appia Antica 2002- 2011).
Tra il 1978 ed il 2004 ricercatori delle università romane della Sapienza e di Roma TRE, eseguirono, delle misure delle portate in alveo di magra ordinaria del fosso dell'Almone- Caffarella nei pressi del ponte dell'Appia antica che registrarono valori compresi tra 150 e 400 l/s (Capelli et al. 2008). Alla fine di questa analisi storica viene spontanea una riflessione: ove le acque fluenti cessano di avere un interesse come fonte di energia, come risorsa irrigua o per l'abbeveramento, perché non mantenere il valore ambientale che esse possono offrire attraverso l'ecosistema ripariale ed il paesaggio di fondovalle' Non è accettabile come soluzione gestionale sul piano urbanistico che tutti i corsi d'acqua minori siano considerati un'inopportuna ingerenza della natura nelle progettazioni umane e che debbano, quindi, essere convogliati nei collettori fognari.

Bibliografia
Giuseppe Capelli - Università Roma Tre -


Stampa d?epoca raffigurante la trasformazione di Porta Metronia da luogo di transito del traffico a fornice ferrato di s1866 - Veduta dell?Acqua Mariana al IV Miglio con butteri, sullo sfondo dell?Acquedotto Claudio (De Alvariis 2009).Inaugurazione del Laghetto e del Fosso dell?Acqua Mariana presso il Parco Regionale dell?Appia Antica (Parco Regionale dIl Fosso dell?Acqua Mariana presso il parco degli acquedotti a Roma.

Indirizzo:
Via S. Demetrio Corone, 80, 00118 Roma RM, Italia

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